Rifugio Donegani – Gramolazzo
Tempo di percorrenza 3 ore

Si tratta di una vera e propria tappa di trasferimento, una specie di gita turistica che lascia all’escursionista un giorno di sano riposo, utile soprattutto a dedicare un po’ di tempo all’ameno posto tappa di Gramolazzo, oppure, indispensabile per chi ha preferito la salita al Pizzo d’Uccello o la discesa lungo il corso del Serchio di cui ora meglio parleremo. Infatti, in Val Serenaia ci sono due possibilità escursionistiche per raggiungere Gramolazzo, anche se, una di queste, precisamente la variante del Serchio, resta a tutt’oggi un interrogativo vero e proprio, vuoi per la condizione del corso d’acqua che non sempre lascia spazio ad un sicuro cammino, vuoi per lo stato di palese e forzato abbandono del sentiero da parte dell’associazione CAI, tant’è che neppure sul luogo di partenza (ad oggi) si trovano le indicazioni. Col dovuto rispetto al GT noi non ci arrendiamo e cataloghiamo entrambe le possibilità ricordando però che la prima proposta in questione necessita obbligatoriamente di un forte spirito avventuriero e di una discreta capacità nel disimpegnarsi e nell’orientarsi tra gli scivoli rocciosi di un corso d’acqua.

Variante del Serchio: dal Rifugio Donegani (m. 1.150),  si discende lungo la strada asfaltata fino alla vicina curva che ritrova lo sbocco della tappa precedente. Qui c’è (ma non si vede) la teorica biforcazione del GT, la cui variante in questione esce dalla strada sulla destra e si porta ad attraversare la secca del Serchio di Gramolazzo. Restando sulla destra idrografica, ci si incammina attraverso una sottile traccia che sporadicamente appare nel prospero campo erboso disteso alle pendici occidentali del M. Pisanino. Questo è uno dei punti maggiormente critici sia per le notevoli difficoltà legate al reperimento di una qualsiasi indicazione sia per il probabile infelice incontro con qualche rettile di natura non certo amichevole. Comunque, più certezze si trovano una volta raggiunto un boschetto di faggi, dove per un paio di volte ci si adopera nell’attraversamento del letto del Serchio solitamente, in questo punto, ancora in secca.

Trascorrono una decina di minuti circa quando ci si accorge della presenza del torrente, le cui acque finalmente affiorano in superficie e cominciano a levigare le bianchissime rocce calcaree adagiate lungo il solco vallivo.  Poco più avanti il torrente lascia nuovamente spazio alla secca, intanto, il vecchio GT si accinge ad esibirsi con un classico saliscendi all’interno del bosco, il quale sta preparandosi a sprofondare di quota. Guadato una prima volta il torrente, ci si alza sulla sponda opposta per un breve tratto finché, ora in discesa, si passa accanto ad una cascatina che scivola giù da una parete liscia alta almeno sette metri.  Da adesso in poi si tratta in pratica di un attraversamento continuo del corso d’acqua, una specie di perpetuo zigzagare tra le sponde del valloncello che ospita una vegetazione tipica ed un clima assai fresco.

Man mano che si procede sorgono nuove ed eccitanti difficoltà, come ad esempio un salto di quattro metri circa su parete liscia e scivolosa, numerosi balzi fra grossi massi, da cui si osservano graziose bozze e cascatine, ed una seconda parete liscia in cui occorre incanalarvisi sorretti da un robusto cavo d’acciaio, ma senza appoggi ai piedi, con sullo sfondo un salto davvero niente male di un cinque-sei metri circa.  Lungo questo tracciato è chiaro che il tempo di percorrenza assume un valore soggettivo, infatti, sono molti i punti dove talvolta è possibile perdervi qualche minuto in più rispetto magari ad altri periodi in cui il torrente si propone meno minaccioso o le condizioni meteo sono più tenere. Durante questa suggestiva discesa lungo il solco torrentizio le sorprese sono comunque dietro l’angolo: spettacolare, sempre ovviamente che la fune resti a disposizione, è il passaggio in cui ci si deve obbligatoriamente impegnare per salire una ripida parete rocciosa resa assai scisa dall’umidità, nonché priva di qualsiasi appiglio onde potersi aggrappare o sorreggere.

A fatica, con molta attenzione a non perdere l’equilibrio, ci si tira fin sopra il ripiano in cui riprende il viottolo, quindi, prima in salita e dopo in discesa, si riguadagna nuovamente il letto del torrente (solitamente asciutto perché scorre sotterraneo). Il declivio dell’altrimenti detta Valle di Gramolazzo tende ad attenuarsi, fino a divenire quasi pianeggiante e meglio percorribile. Non trascorre molto, infatti, che alle pendici nord del M. Castri, dove si cammina anche su prato, il nostro sentiero va a confluire a quello proveniente dalla Foce Rifogliola, proprio nei pressi di un quadrivio di sterrate tagliato di netto dal Serchio di Gramolazzo. Variante Foce Rifogliola: dal Rifugio Donegani si prospettano oltre 4 km e mezzo di strada asfaltata prima di raggiungere la Foce Rifogliola. Costantemente in leggera discesa, si cammina prima alle pendici orientali del Pizzo d’Uccello, dopo su quelle occidentali del M. Pisanino,  dove sorge il Rifugio Val Serenaia, antica casa dei guardiani delle cave che testimonia come l’estrazione del marmo, oltre a caratterizzarne il paesaggio, abbia rappresentato e rappresenti tutt’oggi la principale attività.

Rinomato per la cucina tipicamente garfagnina, il rifugio garantisce gustosi piatti poveri, semplici e frugali, in cui sono prediletti il farro, la farina di formenton, la castagna, i fagioli rossi, la trota e i frutti di bosco. Elencare tutte le pietanze che il popolo garfagnino ricava da questi prodotti è certamente cosa improponibile; ricordare invece quelle maggiormente Foto 4 richieste è assolutamente doveroso: zuppa di farro; polenta di neccio; castagnaccio; ribollita; manafregoli, farinata, polenta incagliata, biroldo, ravioli e tagliatelle con funghi porcini, crostata con frutti di bosco, agnello alla brace, lardo e buccellato. La lunga camminata sulla stretta strada carrozzabile trafficata nei giorni feriali da camion adibiti al trasporto del marmo, resta alta sulla sinistra orografica della valle e, superata una targa posta alla memoria di una certa Giuseppina Fontanini deceduta nel 1948, si dirige ineluttabilmente verso le pendici est dei Poggi di Baldozzana. Dopo aver trascorso buona parte del percorso all’interno del bosco, l’itinerario ci fa conoscere da vicino una seconda lapide, questa volta dedicata a Giorgi Giorgio, vittima nel 1945 del fuoco nazista.

Una volta giunto alla Foce Rifogliola (m. 810), ove è presente una cappelletta con targa del 1963 ed una piastrella che ricorda la figura di S. Antonio da Padova, il GT trascura a sinistra l’itinerario 189 diretto ad Ugliancaldo ed imbocca a destra il suo seguito (o meglio, la sua provenienza) corrispondente ad un viottolo pronto ad immergersi nel bosco. È doveroso ricordare che da qualche anno per salire all’Argegna esiste pure una terza alternativa al GT ufficiale che evita in pratica la sosta a Gramolazzo. Si tratta di un’alternativa certamente rilassante, ma poco edificante sotto l’aspetto escursionistico, in quanto, occorre percorrere assai lungamente la carrozzabile che dalla Foce Rifogliola si dirige verso l’Azienda Agrituristica Pladei, quindi, alla testata del Canale Grande, sul versante occidentale del Colle di Agliano, ai tornanti che si alzano verso i paesini di Albiano (m. 709) e Sermezzana (quest’ultimo lo si nota molto più ad ovest), già sul versante lunigianese nonostante la provincia di appartenenza resti Lucca.

Il tragitto si conclude alla Foce dei Carpinelli (m. 842), luogo di transito che mette in comunicazione la Garfagnana con la Lunigiana, un tempo chiamato “Cason”, toponimo che ricorda un piccolo stanziamento pastorale. Tornando al nostro itinerario una magra traccia nell’erba fa il suo ingresso in un bosco di castagni ad alto fusto, nei cui pressi sorgono resti di un insediamento rurale. Restando all’interno del bosco, distratti ogni tanto da brevi squarci che mostrano la vetta del Pizzo d’Uccello, ci si abbassa senza esagerare passando accanto ad alcuni esemplari secolari di castagno. L’estensione boschiva reca piacevoli sensazioni, intanto, in località La Mandria, si finisce per confluire in una sorta di pista forestale da seguire ovviamente in discesa. Costeggiata da felci e castagni essa, ad un certo punto, piega verso il solco vallivo, e mutando completamente aspetto nel suo contesto ambientale, si circonda di brughiera e vegetazione selvatica. Con la dovuta attenzione, ad una biforcazione si abbandona la pista principale e si piega a sinistra per seguire un altro tracciato che corre lungo la scia dei pali Enel.

Su terreno ciottoloso ed assai sconnesso, si passa accanto a ciò che resta di un rudere, quindi, si perviene all’incrocio di sterrate dove nei pressi scorre il Serchio di Gramolazzo e, soprattutto, dove ci si riunisce all’itinerario precedentemente descritto (prima pista che arriva da destra). Senza attraversare il corso d’acqua si procede lungo il viale coperto a faggio, quindi, accompagnati dai classici profumi che si miscelano nelle aree torrentizie e boschive, si oltrepassa una sbarra che chiude il passaggio veicolare e si raggiunge una cadente costruzione in pietra. Sempre su pista a fondo terroso, si scavalca un fosso asciutto e ci si allunga fino ad incontrare una recinzione che guarda un’area adibita al taglio della legna. Un nuovo spettacolare passaggio boschivo porta all’attraversamento di un secondo fossato, oltre il quale una costruzione in muratura fa da anticamera allo sbocco sulla rotabile proveniente da Minucciano.

In leggera discesa si percorre via Primo Tonini  e, tra le abitazioni di Gramolazzo, si raggiunge la piazzetta (sotto il centro storico) adiacente ad una struttura alberghiera dove pernottare. Gramolazzo (m. 625), il cui toponimo nasce probabilmente da uno strumento utile a lavorare la canapa chiamato “Gramola”, è citato in epoca medievale come castello, infatti, ancor oggi, nei pressi di un vicino colle si trovano resti di un antico fortilizio. Attualmente il paese è formato da due distinti nuclei: il borgo Alto (o Vecchio), costituente il centro storico con case in macigno, alcune delle quali assai antiche (Casa Mori, XVI sec.) e di bella fattura; il borgo Basso (o Nuovo) che rappresenta, invece, la zona più moderna sviluppatasi verso il piano grazie soprattutto alla lavorazione del marmo. Situato quasi alla confluenza del Serchio col torrente Acqua Bianca, Gramolazzo è a monte di un grande lago artificiale balneabile, le cui rive ricoperte d’erba, lo sfondo del Pisanino e la presenza di alcune strutture ricettive che preparano ottime pietanze locali, costituiscono motivo di richiamo per una certa schiera turistica.

fonte: www.alpiapuane.com

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